Ci sono diversi modi per nascondere un Brand. In questo articolo cercherò di analizzare differenti tipologie di marketing strategy che ho avuto modo di osservare nel corso degli anni.
Innanzitutto: cos'è una #NoBrand Marketing Stategy?
Ci possiamo trovare di fronte a diverse strategie, completamente differenti tra loro. Il punto in comune è sempre lo stesso: un brand che viene abilmente occultato alla vista del consumatore, nonostante questo in realtà sia pienamente presente e rintracciabile da un occhio più smaliziato.
Andiamo ora ad analizzare alcuni esempi di Brand che hanno scelto di "nascondersi", con risultati diversi.
1) Mac Baren (tabacco)
Andiamo ora ad analizzare alcuni esempi di Brand che hanno scelto di "nascondersi", con risultati diversi.
1) Mac Baren (tabacco)
Questa tobacco company ha scelto sicuramente una strategia diversa rispetto a praticamente tutti i suoi competitor e questo si evince sin dalla prima occhiata al packaging, dove troviamo una scritta che recita:
"Roll your own American Blend for people who don't need a brand to tell other people who they are".
Uno statement forte che sicuramente induce curiosità e può spingere all'acquisto.
Ma non finisce qui: all'interno della confezione troviamo il secondo capitolo di questa forte e non casuale #NoBrand Marketing Strategy:
"Apporre un marchio è a volte la ricerca di esprimere ciò che le persone vogliono ottenere e l'apparenza di poter concedere tutto questo. Nel tabacco questa apparenza è stata sintetizzata con immagini di cowboys, artigiani, piramidi ed ancora temerari piloti da combattimento. Noi siamo produttori di trinciati del tabacco dal 1887 per fumatori che sanno cosa vogliono e preferiscono la qualità che si vede e l'aroma che si sente grazie alla raffinatezza e alla bontà delle varietà di tabacco impiegate. Se siete annoiati dalle solite abitudini avete scelto la giusta busta."
BOOOM!
La Mac Baren ha fatto centro: ha colpito l'attenzione dell'attenzione del consumatore dichiarandosi completamente estraneo ai "giochetti" tipici dei brand di tabacco: niente simbolismi, niente machismo, niente strategie. Carte scoperte. La promessa: sei un fumatore che punta sulla qualità? Siamo il brand giusto per te!
"Roll your own American Blend for people who don't need a brand to tell other people who they are".
Uno statement forte che sicuramente induce curiosità e può spingere all'acquisto.
Ma non finisce qui: all'interno della confezione troviamo il secondo capitolo di questa forte e non casuale #NoBrand Marketing Strategy:
"Apporre un marchio è a volte la ricerca di esprimere ciò che le persone vogliono ottenere e l'apparenza di poter concedere tutto questo. Nel tabacco questa apparenza è stata sintetizzata con immagini di cowboys, artigiani, piramidi ed ancora temerari piloti da combattimento. Noi siamo produttori di trinciati del tabacco dal 1887 per fumatori che sanno cosa vogliono e preferiscono la qualità che si vede e l'aroma che si sente grazie alla raffinatezza e alla bontà delle varietà di tabacco impiegate. Se siete annoiati dalle solite abitudini avete scelto la giusta busta."
BOOOM!
La Mac Baren ha fatto centro: ha colpito l'attenzione dell'attenzione del consumatore dichiarandosi completamente estraneo ai "giochetti" tipici dei brand di tabacco: niente simbolismi, niente machismo, niente strategie. Carte scoperte. La promessa: sei un fumatore che punta sulla qualità? Siamo il brand giusto per te!
2) Soda Stream (non alcoholic beverage)
Da un brand nascosto, ad uno dove il marchio è in bella evidenza. Off topic? Non proprio! In questo caso il brand in questione è Soda Stream che ha speso ben 4 Milioni di dollari per una pubblicità con protagonista la sexy diva hollywodiana Scarlett Johansson, mandata in onda durante l'ultimo Superbowl, l'evento sportivo con più viewers al mondo, con l'obiettivo di pubblicizzare questo marchio di Soda la cui promessa è di avere meno zuccheri e di rispettare maggiormente la natura rispetto ai prodotti rivali.
In questo spot il brand Soda Stream è in realtà ben visibile. La genialata di marketing si trova nella parte finale dello spot, in una semplice frase di sole cinque parole: "Sorry Coke and Pepsi".
Citare i due diretti concorrenti possiedono praticamente la quasi totalità del market share planetario) sembrerebbe una mossa folle. Eppure, proprio questa strategia è stata la vera e propria ciliegina sulla torta, che ha permesso a questo video di diventare virale: la frase è stata infatti censurata in TV, poiché Pepsi era tra i protagonisti dell'half-time show. Soda Stream ha risposto realizzando l'hashtag #sorrycokeandpepsi, contribuendo a rendere il video virale e a "salvare il mondo", proprio come la Johansson chiedeva nello spot: ben 14 Milioni di viewers su YouTube. Non male, vero?
3) AS Roma (football club)
Dopo un esempio di successo, eccone uno che non ha propriamente incontrato i favori dei consumatori, o meglio dei tifosi. Dopo un accordo di sette anni Robe di Kappa e in attesa dell'arrivo della multinazionale americana Nike a partire dalla stagione 2014-15, l'AS Roma ha presentato a Luglio 2013 la nuova maglia per la stagione 2013-14, una maglia unbranded prodotta da una piccola azienda, Ares srl, collegata al più nota Asics.
Nonostante sulla maglia, all'esterno e all'interno, fossero riportati simbologie e motti legati al tessuto culturale locale ("Solo per questa maglia.... Unico Grande Amore", l'anno di fondazione in numeri romani) e il numero di serie per indicarne l'unicità (#UnicaComeTe era l'hashtag di riferimento), la divisa non ha riscontrato il favore dei tifosi, in quanto la mancanza di uno sponsor tecnico l'ha fatta apparire, agli occhi di molti, come un "prodotto da bancarella".
E' questo il risultato di esposizioni a campagne pubblicitarie massicce? Un prodotto non può essere visto come di qualità se non è brandizzato da un marchio "blasonato"?
4) Marca del Distributore (GDO products)
Rispondendo alla domanda di chiusura del precedente paragrafo, sembra che non tutti la pensino alla stessa maniera. Se per alcuni il prodotto di marca, in particolare in ambito fashion, è qualcosa di molto importante (se non fondamentale), per molte altre persone, ad esempio nel campo del food, il marchio diventa di secondaria importanza rispetto ad altre variabili, come ad esempio il prezzo.
Prendendo come esempio la grande distribuzione organizzata (GDO), bisogna ormai considerare ormai le grandi catene come Esselunga, Simply, Conad o Carrefour dei veri e propri competitor di brand storici presenti sugli scaffali dei supermercati italiani. Secondo una recente ricerca infatti, la quota di mercato complessiva dei cosiddetti prodotti MDD (marca del distributore), è prossima al 20%, con oltre il 90% dei produttori che appartengono al tessuto locale italiano. Una bella soddisfazione per il Made in Italy!
E una scelta in più per il consumatore, che spesso si lascia attrarre tra un prodotto che non è accompagnato da un brand altisonante, ma che garantisce comunque la fiducia del supermercato sotto casa!
D'altronde, come è possibile non fidarsi di sé stessi?
5) Product Placement (movies)
La mia strategia preferita, so far! Raggiungere il consumatore quando è rilassato: sul divano, sul letto, sulla poltrona di un cinema, sullo schermo del tablet. Quello che una volta riusciva a fare la classica pubblicità televisiva e che ormai è totalmente appannaggio di film, serie tv e YouTube series.
Da un brand nascosto, ad uno dove il marchio è in bella evidenza. Off topic? Non proprio! In questo caso il brand in questione è Soda Stream che ha speso ben 4 Milioni di dollari per una pubblicità con protagonista la sexy diva hollywodiana Scarlett Johansson, mandata in onda durante l'ultimo Superbowl, l'evento sportivo con più viewers al mondo, con l'obiettivo di pubblicizzare questo marchio di Soda la cui promessa è di avere meno zuccheri e di rispettare maggiormente la natura rispetto ai prodotti rivali.
In questo spot il brand Soda Stream è in realtà ben visibile. La genialata di marketing si trova nella parte finale dello spot, in una semplice frase di sole cinque parole: "Sorry Coke and Pepsi".
Citare i due diretti concorrenti possiedono praticamente la quasi totalità del market share planetario) sembrerebbe una mossa folle. Eppure, proprio questa strategia è stata la vera e propria ciliegina sulla torta, che ha permesso a questo video di diventare virale: la frase è stata infatti censurata in TV, poiché Pepsi era tra i protagonisti dell'half-time show. Soda Stream ha risposto realizzando l'hashtag #sorrycokeandpepsi, contribuendo a rendere il video virale e a "salvare il mondo", proprio come la Johansson chiedeva nello spot: ben 14 Milioni di viewers su YouTube. Non male, vero?
3) AS Roma (football club)
Nonostante sulla maglia, all'esterno e all'interno, fossero riportati simbologie e motti legati al tessuto culturale locale ("Solo per questa maglia.... Unico Grande Amore", l'anno di fondazione in numeri romani) e il numero di serie per indicarne l'unicità (#UnicaComeTe era l'hashtag di riferimento), la divisa non ha riscontrato il favore dei tifosi, in quanto la mancanza di uno sponsor tecnico l'ha fatta apparire, agli occhi di molti, come un "prodotto da bancarella".
E' questo il risultato di esposizioni a campagne pubblicitarie massicce? Un prodotto non può essere visto come di qualità se non è brandizzato da un marchio "blasonato"?
4) Marca del Distributore (GDO products)
Rispondendo alla domanda di chiusura del precedente paragrafo, sembra che non tutti la pensino alla stessa maniera. Se per alcuni il prodotto di marca, in particolare in ambito fashion, è qualcosa di molto importante (se non fondamentale), per molte altre persone, ad esempio nel campo del food, il marchio diventa di secondaria importanza rispetto ad altre variabili, come ad esempio il prezzo.
Prendendo come esempio la grande distribuzione organizzata (GDO), bisogna ormai considerare ormai le grandi catene come Esselunga, Simply, Conad o Carrefour dei veri e propri competitor di brand storici presenti sugli scaffali dei supermercati italiani. Secondo una recente ricerca infatti, la quota di mercato complessiva dei cosiddetti prodotti MDD (marca del distributore), è prossima al 20%, con oltre il 90% dei produttori che appartengono al tessuto locale italiano. Una bella soddisfazione per il Made in Italy!
E una scelta in più per il consumatore, che spesso si lascia attrarre tra un prodotto che non è accompagnato da un brand altisonante, ma che garantisce comunque la fiducia del supermercato sotto casa!
D'altronde, come è possibile non fidarsi di sé stessi?
5) Product Placement (movies)
La mia strategia preferita, so far! Raggiungere il consumatore quando è rilassato: sul divano, sul letto, sulla poltrona di un cinema, sullo schermo del tablet. Quello che una volta riusciva a fare la classica pubblicità televisiva e che ormai è totalmente appannaggio di film, serie tv e YouTube series.
Rendere il brand parte integrante della storia: come accade in Cast Away, dove Chuck Noland (Tom Hanks) interpreta un system analyst della FedEx, attraversando il mondo per risolvere problemi di produttività della sua azienda, fino a quando il suo aereo precipita nell'Oceano Pacifico: saranno proprio gli oggetti che trasportava a permettergli di sopravvivere. Grazie FedEx!
Venendo ad un esempio di Product Placement nostrano c'è il recente Benvenuti al Sud, dove Siani e Bisio lavorano nell'ufficio di Poste Italiane nella splendida cornice di Castellabate. L'Ufficio diventa teatro delle vicende dei protagonisti, rimanendo in secondo piano ma comunque un vero e proprio veicolo della trama!
Chiudo l'articolo con un esempio di Product Placement di finzione: può piacere o meno, ma è indiscutibile come Quentin Tarantino abbia sfornato alcuni tra i film più meritevoli di attenzione della storia recente del cinema. Il regista ha da sempre inserito nelle sue pellicole dei brand di finzioni, ma comunque sempre ricorrenti: tra questi i più famosi sono le sigarette Red Apple e la catena di hamburger Big Kahuna, conosciuti in particolare per la loro presenza nel film del 1994 Pulp Fiction.
Per oggi è tutto. Se avete commenti, date pure un'occhiata sulla colonna di destra e contattatemi attraverso Twitter, Google Plus, Facebook o Linkedin.
Cheers,
Alessandro
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